Caro energie, prime misure insufficienti. Serve intervento strutturale

Dalle prime indiscrezioni, constatiamo che le misure a cui il Governo sta lavorando nell’ambito del decreto-legge Sostegni sono del tutto inadeguate ad intervenire sull’emergenza del caro energia e assolutamente non in grado di calmierare l’incremento dei prezzi dell’energia senza precedenti che si è abbattuto sul settore della metallurgia non ferrosa, fortemente energivoro.

Il comparto ha visto un susseguirsi di chiusure e perdite di produzione negli ultimi mesi in particolare per i settori dell’alluminio e dello zinco, interessando oltre il 30% degli impianti europei. In Italia si è già verificata la fermata dell’impianto di Portovesme srl, parte del gruppo Glencore, che rappresenta l’unico produttore di zinco primario sul territorio nazionale e non si escludono potenziali ulteriori perdite di produzione. A ciò si aggiunge il potenziale incremento dei prezzi delle materie prime a causa della riduzione della produzione europea che si ripercuoterà su tutta la filiera.

L’industria ha avanzato una serie di proposte concrete sia sul breve che sul lungo termine per ridurre in maniera strutturale il costo della componente gas e energia elettrica. Riteniamo tali misure urgenti e necessarie per un’azione più efficace a intervenire sull’emergenza.

Il Governo sembra muoversi rincorrendo l’emergenza con piccoli interventi spot senza una visione di lungo termine. Occorrono, invece, interventi strutturali e di politica industriale, come accaduto in Francia e in Germania. Inoltre notiamo la totale assenza di misure per contenere i costi del gas che per la metallurgia non ferrosa, e in particolare per le aziende che operano nel settore del riciclo, rappresenta un fattore essenziale nel processo produttivo.

Stiamo ancora aspettando l’attuazione della misura di compensazione dei costi indiretti della CO2 (abbattimento della componente di costo CO2 del costo di acquisto dell’energia elettrica), approvata dalla Commissione europea ed essenziale per tutelare la competitività del nostro settore. Occorre che i proventi delle aste della CO2 siano effettivamente utilizzati secondo le direttive europee: per compensare i settori energivori a rischio delocalizzazione dai costi indiretti della CO2 (fino al 25%) e per promuovere investimenti in decarbonizzazione.